Ho aperto la tastiera del mio pianoforte,
impolverata, stanca.
Ho guardato i tasti bianchi e neri che si
susseguivano come sempre, fermi, in attesa di mani gentili che si posassero su
di loro per permettergli di parlare.
Mi sono seduta sullo sgabello e l'ho
trascinato al punto giusto, finché i miei piedi sono giunti sui pedali.
Ho sospirato forte, cercando di trattenere
l’emozione. E ho suonato.
Ho suonato come non facevo da tanto, ho
espresso tutto il sentimento che avevo facendo volare le mie dita sopra quei
tasti che all’inizio apparivano quasi scontrosi, ma che dopo poco sono tornati
ad essere leggeri e docili, come sempre.
Ho suonato per un tempo infinito.
Poi mi
sono alzata con la stessa delicatezza con cui mi ero seduta. Ho chiuso l’ansa
della tastiera e mi sono soffermata a guardare la superficie nera impolverata,
con le mie dita stampate evidenti nel grigiume.
Eccolo lì il nero profondo del
mio pianoforte, eccola lì la vena artistica della mia vita.
Mi sono tatuata una chiave di violino come
simbolo del mio amore per la musica. Mi sono tatuata anche una farfallina,
simbolo della libertà che riesco a trarre quando m’immergo nelle note e mi
lascio trasportare dall’armonia di accordi e voce.
Quando canto posso urlare. Posso urlare
sussurrando. Posso urlare i pensieri più nascosti, le sensazioni più profonde,
le emozioni più inspiegabili, le lacrime più difficili, i sorrisi più luminosi.
La musica è casa mia.
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