A
supportare il primo ruolo del silenzio ci sono molte citazioni e aforismi che
lo legano al concetto di saggezza. Ad esempio, Rabbi Akiva, rabbino e teologo
israeliano, definisce il silenzio come “recinto della saggezza” ad intendere
che i pensieri saggi riescono ad essere prodotti solamente in un atmosfera di
silenzio, che in questo caso quindi è correlato ad un concetto di riflessione.
La
stessa interpretazione è ripresa da Sa’di, poeta persiano, secondo cui l’attimo
prima di un discorso è fondamentale perché esso abbia buon senso. Anche qui il
silenzio è correlato ad un’idea di concentrazione e riflessione che permettano
di generare un buon discorso sensato.
Concezione
particolare è quella di Alfieri che, nella Vita scritta da esso, racconta dei
suoi viaggi in giro per l’Europa e si sofferma a descrivere le lande selvatiche
della Svezia e “un certo vasto indefinibile silenzio che regna in
quell’atmosfera, ove ti parrebbe quasi di esser fuori dal mondo”. Secondo il
titanico e pessimista poeta, la desolazione e il silenzio contribuiscono a
creare un’atmosfera tale da ispirare “idee fantastiche, malinconiche ed anche
grandiose” grazie alla sensazione di smarrimento che provocano nelle persone. In
questa visione particolare di un momento silenzioso si colgono i due diversi
aspetti che stiamo analizzando del silenzio stesso: innanzitutto l’assenza di
disturbi e rumori fa sì che il poeta sia ispirato nella sua vena poetica e
letteraria, ma allo stesso tempo fa sì che l’uomo si senta distaccato dalla
realtà e quindi nascono anche pensieri malinconici, e in qualche modo quindi
negativi.
In
riferimento ad una concezione negativa del silenzio è doveroso citare il primo
canto dell’Inferno di Dante: “dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo
silenzio parea fioco”. In questi due versi Dante correla la parola silenzio ad
un significato traslato: il silenzio corrisponde al buio, all’assenza di luce che
non permetteva a Dante di vedere la persona che sostava dinnanzi a lui. In
questo senso, il concetto di silenzio è concepito negativamente, poiché Dante
si trova in difficoltà è il silenzio della luce non gli da la possibilità di
vedere ciò che sta accadendo.
Una
riflessione molto interessante riguardo al silenzio è quella di Giovanni
Farina, detenuto nell’istituto di pena di Catanzaro. Inizia con una frase
significativa: “io conosco la felicità, nella contraddizione del silenzio”. In
questa affermazione, Farina attesta la sua consapevolezza riguardo la dualità
del silenzio. Subito dopo spiega di essere devoto al silenzio, di dargli
ascolto. Nel suo “spazio vitale” ascolta il silenzio e cerca di riflettere su
se stesso per poi poter interagire con gli altri. Ammette però che questo
ascolto non è semplice, perché quando nel silenzio si riflette riguardo la
propria condizione, riguardo se stessi in generale, non ci sono segreti e
quindi si materializzano anche i problemi che tendiamo a tenere più nascosti. Per
questo definisce il silenzio un ascolto faticoso. La conclusione della sua
riflessione è enigmatica: “il silenzio è una porta e non è chiusa”. Con questa
sentenza, Farina potrebbe riferirsi al fatto che l’uomo molte volte è
spaventato dal silenzio e dai sentimenti negativi che suscita, ma dovrebbe
comunque lasciarsi trasportare da quello stesso silenzio che è necessario e
indispensabile per poter riflettere su se stessi e vivere pienamente.
In
conclusione quindi è lecito affermare che il silenzio sia una fonte di
preoccupazione e sentimenti negativi, ma allo stesso tempo è doveroso
aggiungere che è anche un momento positivo in cui potersi conoscere senza
segreti. A questo punto è semplice capire la citazione di Chaim Potok dal
romanzo Denny l’eletto: “una parola vale una moneta, il silenzio ne vale due”.
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